venerdì 12 novembre 2010

Wall Street - Il denaro non dorme mai. Il pubblico a volte sì



Nella nostra personale ricerca di film a cui associare sostantivi che ben si accordino con questo blog, come stile, eleganza e classe, tentiamo la visione di Wall Street - Il denaro non dorme mai, sequel della celebre pellicola di Oliver Stone (Salvador, Platoon, Wall Street, Talk Radio, Nato il 4 di luglio, The Doors, JFK, Assassini Nati, Ogni maledetta domenica, per citare solo i nostri preferiti), che negli anni '80 sintetizzava con efficacia lo spirito del suo tempo.
Se il primo Wall Street era una lungimirante riflessione sui guasti dello spostamento dell'economia occidentale dalla produzione industriale alla finanza, il nuovo non va oltre alla critica delle politica immobiliare adottata negli USA a cavallo del cambio di millennio. Troppo poco e troppo tardi.
Non è un film ottimista, come non lo sono mai quelli di Oliver Stone, ci pare però che l'ispirazione non sia quella dei giorni migliori, troppa indecisione, troppe occasioni perse nella caratterizzazione psicologica e nella descrizione delle situazioni.

La trama è più complicata da descrivere che da vedere, si tratta delle vicissitudini della coppia formata da Jake, un giovane trader, e da Winnie, la figlia di Gordon Gekko. 
Quando Gekko esce di prigione dopo essersi fatto 8 anni per insider trading, la figlia rifiuta ogni contatto con lui, mentre Jake subisce l'attrazione del magnetico squalo della borsa, un mito per tutto IL NYSE. Il fallimento della banca dove lavora e la morte del suo mentore porteranno Jake a tentare una personale vendetta, alleandosi con il navigato Gekko. Questi, impegnato nella promozione dell'autobiografia scritta in carcere, è invece da un lato deciso a ricostruire il rapporto con la figlia (e con gli eventuali nipoti in arrivo), dall'altro mosso dal desiderio di rivalsa nei confronti del sistema che lo ha abbandonato.

Il punto debole del film è certamente la sceneggiatura. Laddove, nel primo capitolo, Wall Street pullulava di giovani brokers rampanti e più o meno senza scrupoli con l'obiettivo di "diventare qualcuno", oggi le stesse stanze sono affollate di giovanotti azzimati, anonimi yesman che non oserebbero sognare di fare le scarpe al proprio capo, guidati da un egoismo infantile e da una avidità di orizzonte limitato.
Emerge con fascino il personaggio dell'ineffabile Gekko, ormai anziano ma reso ancora più lucido dal soggiorno in gattabuia, risolverà i problemi suoi e della progenie confermandosi un deus ex machina abile e privo di scrupoli che manipola tutti come pedine senza però compiere quel passo che da "spregiudicato" porta a "fuorilegge". In questo secondo capitolo lo scopriamo inoltre dotato di sentimenti, ovviamente sempre a supporto del proprio incommensurabile ego. Nel primo episodio citava Sun Tzu, in questo tiene una lezione di storia della finanza sul crollo del prezzo dei tulipani nell'Olanda del Seicento. Sembra che fra tutti sia l'unico dotato di passione per ciò che fa e per questo, in tutta sincerità, ci sta simpatico.

Trascurabili i costumi femminili, non molto divertente nemmeno la moda uomo, i giovani traders vestono banalmente di blu o grigio scuro con tanto di fazzoletto al taschino. Sono eleganti ma - sospetto non sia un caso - quando sono nella stessa stanza sembrano intercambiabili, privi di qualsivoglia dettaglio (una cravatta, un orologio...) che ne esprima la voglia di emergere.
Il Gordon Gekko conferenziere veste completi kahki o sabbia senza cravatta, mentre come finanziere d'assalto torna a indossare vistosi abiti blu rigati con camicie all'americana (con collo e polsi bianchi). Nel primo film Gekko era vestito Cerruti, ignoriamo se la collaborazione sia proseguita, lo stile resta comunque in linea e ci sembra azzeccato. 

La pellicola pullula di attori straordinari, alcuni vanno poco oltre la caratterizzazione, la protagonista femminile Carey Mulligan qui non è certo alla sua prova migliore, compaiono inoltre Frank Langella e Susan Sarandon.  
Michael Douglas: non interpreta, è Gordon Gekko, spietato, lucido e diabolico. Fra l'altro uno dei più grandi creatori di aforismi memorabili della storia del cinema.
Shia LaBoeuf: (Transformers, l'intenso Guida per riconoscere i tuoi santi) volto emergente di Hollywood, è un Jake spaesato in un mondo molto più grande di lui. E' un uomo che non sa essere all'altezza delle proprie ambizioni, combina un sacco di guai per poi attendere nervosamente che arrivi qualcuno a cavargli le castagne dal fuoco.
Josh Brolin: (Mimic, Trappola in fondo al mare, American Gangster, Non è un paese per vecchi ci è piaciuto nel ruolo in origine offerto a Javier Bardem  del minaccioso, anche fisicamente data la stazza, Bretton James  spietato e ambizioso banchiere che subirà la vendetta di Gekko.
Eli Wallach: non possiamo che inchinarci al cospetto di un monumento del cinema americano che a 95 (!!) anni ci regala una corrosiva caratterizzazione del banchiere Schwartz. La suoneria del suo cellulare è - geniale! - il tema de Il buono, il brutto il cattivo (lui interpretava il Brutto). 
Charlie Sheen (Platooon, Wall Street, La recluta, I tre moschettieri, Hot Shots e Scary Movie) pochi secondi nei panni di Bud Fox (il personaggio del giovane onesto in Wall Street). Scopriamo che, dopo il singulto di coscienza che ha mandato in carcere  Gekko, non ha trovato di meglio che vendere l'azienda sottratta alle grinfie del cattivo per poi ritirarsi ai Caraibi a godere il frutto della colpa. 
Per noi il fulcro del film è qui, nella tristezza di scoprire che nemmeno i buoni ce la fanno. Bud non era guidato dai dei valori: chi fa abbastanza soldi si ritira su una spiaggia a tracannare pinha colada, chi non può lavora. Devastante.

Due scene da vedere con attenzione. La prima è il summit alla Federal Reserve, degna di una riunione di mafiosi in un film di Batman: un tripudio di violenza repressa in uno scenario significativamente gotico. La seconda (nel film l'incipit) è una irresistibile citazione della scena iniziale di The Blues Brothers, con il poliziotto che restituisce a Gekko gli effetti personali. Forse il problema è tutto lì, con un inizio così ci aspettavamo un film caustico ed irriverente, purtroppo è solo il divertissement di un grande autore in una delle sue opere tra le meno riuscite.

1 commento:

  1. già ero indecisa se andare a vederlo o no...ora mi hai convinto definitivamente! grazie per i consigli! ottima analisi dettagliata!

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