giovedì 22 settembre 2016

Atlante degli abiti smessi - la recensione


Atlante degli abiti smessi, un titolo intrigante per un romanzo lieve, delicato, in cui il racconto delle vicende della protagonista si intreccia alle descrizioni degli abiti che hanno segnato la sua vita. Abiti amati, abiti trascurati, abiti di cui prendersi cura, proprio come con le persone.



Eleonora, la protagonista, da Parigi dove si è trasferita, scrive alla figlia Corinne per spiegare le ragioni delle sue scelte, lettere e messaggi in cui la storia della vita e quella degli abiti preferiti sono un tutt'uno che si mescola in un affascinante racconto, come del resto nella vita di molte di noi. E i consigli da madre a figlia non sono solo su come affrontare la vita ma anche su come affrontare il variegato mondo degli abiti.




Concentrandoci sulla parte dei vestiti, bisogna dire che l'autrice li descrive in modo geniale: in ogni pagina sono protagonisti gli abiti, ma una volta tanto non si parla di collezioni divise per stagioni, non si parla di firme, di marchi, di prezzi, non si parla di capispalla o accessori. I vestiti sono descritti si per categorie, ma sono categorie dell'anima, categorie dell'uso quotidiano, categorie dell'amore per i vestiti in sè e per sè, categorie in cui non è possibile non riconoscersi.




Qualche esempio? I "vestiti che diventano pazzi", cioè quelli che diventano sbilenchi, soprattutto se di maglina, tra aiutare con opportune sottovesti; o i "vestiti che t'intristiscono": chi non ha nell'armadio qualche vestito che fa diventare gobba o sproporzionata? Una categoria decisamente da evitare, insieme ai "vestiti che ingrassano" e a quelli "nati sbagliati", eccessivi o inadatti, come certi tailleur dal carattere troppo forte, che sono fortunati se escono dall'armadio un paio di volte all'anno.
Ci sono i "vestiti che sembrano nuovi" anche se li hai già messi un milione di volte e quelli che "si macchiano da soli" (e qui ne so qualcosa...). Ci sono i "vestiti sinceri", quelli che portano le cicatrici di un lungo uso, come il segno dell'orlo allungato o di un bottone spostato che lascia l'orma sul tessuto e i "vestiti elfi", che scompaiono quando ne hai bisogno per ricomparire quando ormai non ci speri più esattamente dove li avevi cercati.


Si può leggere l'Atlante degli abiti smessi tutto d'un fiato, per vedere che cosa succede, ma io consiglio di gustarlo poco per volta, di leggerlo a piccole dosi e assaporare bene il "catalogo" degli abiti e tornare a rileggere ogni tanto i brani in cui ci siamo riconosciute. Un'occasione per riflettere senza annoiarsi e perchè no, provare a ricrearsi un proprio "atlante degli abiti" personale, ispirate da Elvira Seminara.

Elvira Seminara, Atlante degli abiti smessi, Einaudi, € 17.

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